lunedì 21 novembre 2011

When a Woman Ascends The Stairs (Onna ga kaidan wo agaru toki)


a.k.a. 女が階段を上る時 / Cuando una mujer sube la escalera
Die Mädchen der Ginza / Quand une femme monte l'escalier
Quando una donna sale le scale

Anno 1960
Durata 1h 51'
Sceneggiatura di Kikushima Ryuzo

 ---- Regia di Mikio Naruse ----


Interpreti principali: Hideko Takamine (Keiko Yashiro), Masayuki Mori (Nobuhiko Fujisaki), Reiko Dan (Junko Inchihashi), Tatsuya Nakadai (Kenichi Komatsu, il gestore), Daisuke Kato (Matsukichi Sekine)




Recensione a cura di Picchi con la collaborazione di Cignoman

Uno dei capolavori del regista Mikio Naruse, con un egregio cast e una straordinaria Hideko Takamine nel ruolo di protagonista. 
Questo shomin-geki (庶民劇 storie della gente comune) si svolge a Tokyo, nel famoso quartiere di Ginza. La moderna Ginza sorge nel 1872 quando, a seguito di un incendio devastante, il distretto fu ricostruito a partire da alcuni edifici in stile georgiano progettati dall'architetto irlandese Thomas Waters, lungo la passeggiata commerciale sulla strada dal ponte di Sinibashi al ponte di Kyōbashi nella parte sud-occidentale del quartiere speciale di Chūō. Negli anni dell'Era Meiji così come nel secondo dopoguerra giapponese, Ginza rappresenta il quartiere delle classi emergenti, della modernità, delle boutique, del lusso, dei bar alla moda. Keiko (Hideko Takamine) lavora come “hostess” in uno di questi bar: il suo compito è quello di rallegrare con sorrisi e attenzioni gli uomini d’affare che lo frequentano. I rapporti con i clienti per alcune ragazze durano quanto il loro orario di lavoro, altre si concedono per una notte o due, e altre ancora, nella ricerca di qualcosa di più profondo e intimo, diventano vere e proprie amanti a tempo pieno.



Keiko non è più giovanissima ma è dotata di una sensualità e di un fascino tradizionale (non indossa vestiti occidentali) che le garantiscono il successo tra il sesso forte. Rimasta precocemente vedova a causa di un incidente che ha ucciso il suo giovane marito, è rimasta così per anni sola a contare su sé stessa. Nonostante la solitudine e i crucci di un'esistenza incerta, nel suo lavoro deve sfoggiare un sorriso dolce e disteso ai tanti uomini che la desiderano, senza però in definitiva volerla sinceramente emancipare dalla sua condizione. Lei desidera l’indipendenza, vorrebbe aprire un locale tutto suo, ma non può farlo senza l’aiuto finanziario di uno dei tanti uomini d’affari, habitué del locale, che si contendono le sue grazie. Tra questi Keiko prova sentimenti d’amore per il maritato banchiere Fujisaki (Masayuki Mori), l’unico uomo che con lei s'è mostrato corretto, ovvero l'unico che non ha cercato di convincerla a concedersi, che l'ha sempre trattata quindi con il rispetto che si deve ad una vera signora: in realtà nemmeno lui è esente da ipocrisie. Invece il manager del bar, Komatsu (il bellissimo Tatsuya Nakadai), è segretamente innamorato di Keiko, ma quando gli capita l’occasione non riesce a rivelare quello che porta nel cuore.


“Odiavo salire quelle scale più di ogni altra cosa.
Ma una volta di sopra, avrei preso ogni giorno così come viene.”


Il titolo deriva dalla routine che Keiko deve vivere ogni sera per andare a lavorare nel bar. Odia salire quelle scale, ma non ha alternative. Il destino l'ha resa vedova e l'ha condannata all'ipocrisia dei sorrisi, al ruolo destinato alle donne non rispettabili. Nello svilupparsi della storia, assistiamo alla caduta progressiva della protagonista, di delusione in delusione: l’alcool le causa un’ulcera che la costringe a letto, l’impresa commerciale che fallisce, parenti in difficoltà economiche, la proposta di matrimonio fasulla del dolce e ricco Matsukichi Sekine (il sempre grande Daisuke Kato). Sembra risucchiata in una spirale inarrestabile che la porta al limite della sopportazione.





Come sfondo un Giappone sempre più occidentalizzato, Tokyo e in particolare Ginza ne sono l’emblema, in cui nuovo e tradizione si tengono per mano e si scontrano allo stesso tempo, in una delle tematiche ancora oggi più sensibili e dibattute nel concetto d’identità del Sol Levante. La regia di Naruse, sempre elegante e raffinata, ci accompagna lungo la storia di Keiko e della sua voce narrante. Come se sfogliassimo le pagine di un libro veniamo immersi in una trama semplice che mai esagera nei toni drammatici e mai annoia, senza colpi di scena inverosimili o forzati e senza porre allo spettatore domande esistenziali. Domande no, ma certo sullo sfondo c'è la constatazione esistenziale che attraversa gran parte della filmografia di Naruse: la modernità, la democrazia, l'individualismo si presentano al Giappone offrendo l'emancipazione, le opportunità, la parità dei sessi, ma in gran parte queste promesse sono disattese, sono solo di facciata, e nella calca delle esistenze in lotta per sopravvivere l'unico atteggiamento che si può assumere davanti alle amarezze dell'esistenza è il distacco, l'autoironia, l'accettazione. Salire le scale, ancora una volta, con la coerenza dell'eroe morale narusiano, perennemente sconfitto dalla vita, ma mai vinto nell'integrità del suo intimo. Attraverso semplici gesti, sguardi e celati sorrisi, godiamo della sensibilità drammatica tipica narusiana, priva di musica eccessivamente enfatica. Il tema della colonna sonora è del compositore Toshiro Mayuzumi (1929-1997), un motivo che si inscrive nel movimento dell'avant-garde sulla falsa riga di compositori come Edgard Varèse, molto in voga negli anni '50-'60 (LINK). Nonostante il dramma, le cocenti sconfitte e tradimenti che la vita offre, “When a woman ascends the stairs” non è un film tetro e privo di gioia, lo trovo invece un film vero, realistico e pieno di vita. Uno dei film maturi più belli del regista che ha vantato la partecipazione della brillante Hideko Takamine e di coprotagonisti che hanno saputo interpretare i personaggi con convincente delicatezza. Ricordiamo l’allora emergente star Tatsuya Nakadai, (l’anno successivo avrebbe girato il magnifico “Harakiri”), Daisuke Kato, famoso per le pellicole di Akira Kurosawa insieme a Masayuki Mori, il quale ha vantato anche la partecipazione in film di Mizoguchi Kenji, e Ganjiro Nakamura nel ruolo di Goda, noto per aver partecipato anche a film di Kon Ichikawa.




 (Tradotti da Dan, Mizushima76 per AsianWorld)

lunedì 14 novembre 2011

"Intrappolate" di Chris Fujiwara - Tratto da 'Film Comment', Settembre 2005


Traduzione dall'inglese a cura di *ReikoMorita* e Cignoman

" INTRAPPOLATE

Le eroine delle storie di Mikio Naruse sono catturate dai frame del regista, tanto quanto sono intrappolate dalla loro adesione a codici sociali obsoleti. Incontrate un maestro che sta alla pari di Mizoguchi e Ozu.

 
Mikio Naruse, quando era in vita, era noto come un maestro nel dirigere le donne. "Recitare nei suoi film era un vero onore per un'attrice," diceva Yoko Tsukasa, che apparve in diversi suoi film, tra i quali il più notevole fu anche l'ultimo di Naruse, Scattered Clouds (Midaregumo) del 1967. "Capiva perfettamente la psicologia delle donne." Se le donne e i loro problemi predominano nei film di Naruse così come in quelli di Mizoguchi, la commistione unica di tormento e calma che caratterizzava i lavori del meno famoso (ma non inferiore) regista nasce dal fatto che le sue figure femminili sono sempre "sdoppiate". Per ogni protagonista di Naruse c'è sempre un'altra donna, la sua rivale o la sua immagine speculare, che la attende oltre una nuova svolta, che possiede legittimamente l'uomo per il quale la protagonista rivendica un'istanza morale o sentimentale, o che semplicemente rappresenta una sua immagine reciproca vivente.
Lo scioccante Hit and Run (Higinige) del 1966 è costruito su una struttura basata su due figure femminili: una vedova, il cui figlio è morto nell'incidente a cui fa riferimento il titolo, e la donna colpevole dell'incidente, la moglie infedele di un industriale del settore automobilistico. In un emblematico primo piano, gli occhi del bambino di quest'ultima passano da una donna all'altra, come se avesse intuito il punto focale segreto della vicenda, l'equivalenza sostanziale fra le due donne. Più oltre nel film, la vedova immagina se stessa abbracciata appassionatamente dal marito dell'altra. Naruse spinge il tema dell' "altra donna" ad un estremo di evidenza e tensione in film che rovesciano i clichés cinematografici della "donna forte e indipendente", come il superbo Untamed (Arakure) del 1957, in cui la protagonista trionfa sulla sua opportunistica rivale picchiandola. In A Wanderer's Notebook, alias Her Lonely Lane (Huorou-ki) del 1962, basato sui diari della scrittrice Fumiko Hayashi, l'eroina per un po' si riconcilia con la sua rivale in amore, assieme alla quale collabora ad una rivista letteraria. Ma le due poi si dividono ancora, come a riprova della legge sottesa che rende le donne di Naruse invariabilmente opposte l'una all'altra.



                     Scena da 'When a Woman Ascends The Stairs' (Onna ga kaidan o agaru toki), 1960

In Repast (Meshi) del 1951, il primo e uno dei migliori dei sei film di Naruse basati sui romanzi della Hayashi, la casalinga Michiyo è eclissata e costretta ad un risentito mutismo dal flirt di sua nipote, Satoko, con suo marito e con il suo potenziale amante, un cugino di bell'aspetto. Satoko rappresenta, implicitamente, una dimensione di libertà sessuale che la più anziana zia ha negato a se stessa. Verso la fine del film, il trionfo di Michiyo su Satoko – che riconferma la sua capacità di convivere con le sempre rinnovate delusioni della sua vita matrimoniale – è messo in evidenza dalla sua riscoperta capacità di vedere il lato umoristico delle ostentazioni moderniste della nipote e dal suo riuscire a riderle in faccia. La risata di Michiyo esprime un tratto caratteristico degli straordinari film di Naruse. Malgrado lo smarrimento e la tristezza, se la visione del mondo che suggeriscono non è banalmente tragica è solo perché Naruse dà molto peso all'abilità delle sue eroine di cambiare prospettiva riguardo ai loro problemi – un dono celebrato nel finale lacrime-che-si-trasformano-in-risata di Lightning (Inazuma) del 1952, altro adattamento da un racconto della Hayashi. Per le donne di Naruse è sempre possibile un certo grado di distacco dalle cose. Riflettendo questa possibilità, la maggior parte dei film del regista contiene momenti in cui improvvisamente allontana la sua cinepresa dalla scena, posizionandola fuori da una finestra, per osservare i personaggi che sono all'interno. Questo tipico movimento di macchina risulta estremamente efficace in Untamed: il padrone di casa si imbatte nella domestica in un bagno e, preso dalla passione, la possiede. A questo punto Naruse passa a una ripresa dall'esterno della casa. Le ombre della coppia sono avvinghiate in un rettangolo illuminato sullo sfondo. Un blocco di neve che cade dal tetto ci copre la visuale; poi, approfittando di un momento di tregua, la donna indietreggia lentamente nella parte visibile del vestibolo e si passa la mano tra i capelli. Dissolvenza. Durante la cruciale conversazione filosofica tra madre e figlia in Lightning, Naruse stacca più volte passando ad una ripresa delle due donne viste dall'esterno della stanza della figlia, rendendo visibile così quanto, almeno per la figlia (che siede presso la finestra e getta di quando in quando occhiate a ciò che sta fuori), esista una possibilità di emanciparsi dalla miseria e dalle coercizioni che avevano caratterizzato la sua vita.
Le modestissime origini di Naruse senza dubbio lo resero sensibile alle tribolazioni degli ultimi. Nacque nel 1905, figlio di un povero ricamatore e di sua moglie, i quali morirono entrambi quando lui era ancora giovane. Iniziò la sua carriera cinematografica nel 1920 come assistente di scena alla Shochiku. Con l'appoggio di Heinosuke Gosho, Naruse iniziò a dirigere per la stessa casa di produzione nel 1930. In quei medesimi studios presso cui lavorava Ozu (più anziano di lui di soli due anni) non riuscì a trovare la propria strada e si sentì, come disse più tardi, "costretto ad accettare qualunque progetto, anche se non era più di tanto stimolante per me, o anche se non era il mio genere." Nel 1935, con il suo passaggio alla P.L.C. (che divenne presto la Toho), Naruse scoprì il sonoro ed ottenne popolarità sia presso la critica che presso il pubblico. Il suo Wife, Be Like a Rose (Tsuma yo bara no yo ni) del 1935 vinse il più prestigioso premio annuale della rivista cinematografica giapponese Kinema Jumpo e fu distribuito in occidente. Questo film e diversi altri dello stesso periodo affermarono Naruse come uno dei principali registi del genere shomin-geki, ovvero dei drammi di ambientazione contemporanea sulla gente comune, un genere a cui Naruse verrà sempre associato per tutta la sua carriera.


                                             Scena da 'Repast' (Meshi), 1951
 
Negli anni Cinquanta, considerati l'apice del percorso artistico e professionale di Naruse, una serie di successi consolidò la sua posizione tra i registi della Toho più stimati. La sua capacità di realizzare film di successo senza eccedere né il budget né i tempi di lavorazione preventivati era molto ben vista dai dirigenti che, a quanto si dice, lo ricompensavano con un certo livello di autonomia (il suo più fedele addetto al montaggio, Urne Takeda, ricorda che "come regola generale, Naruse dirigeva il montaggio a sua discrezione e la casa cinematografica non ci metteva più mano"). Tuttavia, al tramonto della sua carriera negli anni Sessanta fu sentito proferire queste parole amare: "Non possiamo più fidarci dello studio."
In ogni sua fase, il cinema di Naruse è stato sempre straordinariamente moderno. Un confronto sommario tra i tre registi giapponesi più noti di quella generazione potrebbe essere articolato così: se i lunghi piani sequenza in movimento di Mizoguchi mostrano il tempo nel suo perpetuo fluire, e se le geometrie di controcampi di Ozu catturano l'istante senza tempo nascosto nel tempo stesso, le variazioni di ritmo caratteristiche di Naruse, create con l'attenta contrapposizione di sguardo con sguardo e di movimento con movimento, mettono in rilievo nel momento presente la crudele ebbrezza dell'essere travolti dalla calca dell'umanità in lotta per la sopravvivenza. Costruendo i suoi film come dei viaggi nell'ignoto, Naruse impiega una composizione complessa che rende palesi le evoluzioni dinamiche dell'obiettivo rendendole forme stesse del movimento – movimento dell'occhio rivolto in una certa direzione – e non soltanto punti di vista o prospettive. Anche se il formato cinemascope mette in risalto questa percezione attraverso la dilatazione dello spazio, l'effetto non dipende dalle proporzioni della pellicola (aspect ratio) poiché tale effetto è già evidente fin da The Girl in The Rumor (Uwasa no musume) del 1935, con la sua potente coreografia di personaggi in movimento lungo le strade. In quel trionfo assoluto del formato cinemascope che è When a Woman Ascends The Stairs (Onna ga kaidan o agaru toki) del 1960, Naruse dà forma ad un vibrante senso di implacabile modernità attraverso set e locations, tra le quali l'area industriale dove l'eroina, la tenutaria di un bar di Ginza, incontra una delle "altre donne" – la moglie di un uomo che le ha chiesto (ingannandola) di sposarlo. Ma la corrosività del moderno pervade le opere di Naruse già nei suoi capolavori degli anni Trenta, come in Three Sisters With Maiden Hearts (Otome-gokoro sannin shimai) del 1935, con il suo incipit che mostra le strade della città in stile documentaristico.
Naruse riesce spesso a suscitare stupore con la sua ricerca di nuove inquadrature, usando personaggi che, muovendosi da dietro la cinepresa, entrano diagonalmente in campi visivi vuoti. Prima che il personaggio entri nell'inquadratura non di rado rimaniamo perplessi su dove ci troviamo e sulla relazione che ha ciò che vediamo con l'ultimo luogo che abbiamo visto. La connessione tra spazi "vuoti" e "pieni" raggiunge un'elaborazione e dei livelli di complessità inaspettati nell'ultima mezz'ora di Tochuken kumoemon (1936), parte di un ciclo di film di Naruse sugli artisti dello spettacolo. Noel Burch, a cui non piacque il film, lo definì semplicemente "un po' sovra-montato". Ma questa sua maestria è già molto avanzata in Every Night Dreams (Yogoto no yume) del 1933, che sfoggia un montaggio strepitoso, in particolare nella scena in cui la protagonista è ripresa da varie angolazioni mentre cammina nella sua stanza, apostrofando con amarezza il marito: ogni successiva ripresa ce la mostra in primo piano mentre entra in un'inquadratura vuota. Nel forsennato The Girl in The Rumour (Uwasa no musume) del 1935, il più serrato, avvincente ed intricato film di 55 minuti mai realizzato, è messo in scena il confronto tra due sorelle, strutturato attraverso una serie di movimenti complementari, speculari e corrispondenti, in entrata e uscita dal campo visivo, che vanno a costituire una trama vertiginosa nella quale le due sorelle si scambiano continuamente i ruoli.


                 Takamine Hideko e Naruse Mikio sul set di 'When a Woman Ascends The Stairs'
 
A Naruse piace utilizzare irruzioni inattese di voci narranti fuori campo e l'effetto a sorpresa realizzato attraverso l'introduzione di flashback in una narrazione che, fino a quel punto, era stata rigorosamente al tempo presente. In Floating Clouds (Ukigumo) del 1955, altro adattamento da un racconto della Hayashi e, probabilmente, il più conosciuto tra gli 89 film del regista, così come nell'agghiacciante As a Wife, as a Woman conosciuto anche come The Other Woman (Tsuma to shite onna to shite) del 1961, il flashback narusiano crea subitanee rotture utilizzando digressioni inattese e vie di fuga attraverso il corso del tempo. Il film A Stranger Within a Woman (Onna no naka ni iru tannin) del 1966, che ripropone la medesima trama di Just Before Nightfall di Chabrol, utilizza dei flashback brevi e lineari che ci mostrano la relazione del protagonista con l'amante da lui poi assassinata. Il singolo flashback che in Mother (Okaasan) del 1952 apre una finestra su giorni felici del passato, risulta il più toccante grazie a brevità ed intensità. In Scattered Clouds, poi, flashback estemporanei sulla vita matrimoniale della protagonista, ormai vedova, ritraggono la sua felicità perduta in una miscela narusiana di ruvidezza e lirismo. In Naruse passato e presente costituiscono un continuum. In Floating Clouds (Ukigumo), un bacio iniziato in un flashback termina nel presente. In As a Wife, as a Woman due bambini corrono fuori da una stanza in un flashback e poi, in risposta alla voce della loro presunta madre, tornano (dopo uno stacco sulla stessa inquadratura) attraverso la stessa porta, mentre gli anni nel frattempo sono passati.
La fluidità del tempo che caratterizza le narrazioni imprevedibili di Naruse è combinata con la loro mobilità nello spazio, una caratteristica sostanziale per quello stesso regista che si pensava non amasse girare in esterna. Molti film di Naruse comprendono un viaggio lontano da casa o lontano dalla famiglia, forzando i personaggi, almeno per un po', a ridefinire se stessi e mettere alla prova le loro forze. Naruse ammira le persone che si spostano, che vagabondano, anche quando il loro è un movimento a corto raggio. Una giovanissima Hideko Takamine interpreta Hideko The Bus Conductress (Hideko no shasho-san), una delle più leggere e gioiose opere del regista, nel 1941; 11 anni più tardi, in Lightning (Inazuma), la stessa Takamine - l'attrice di Naruse per eccellenza – è nuovamente la guida turistica di un autobus. L'atto del camminare costituisce una parte rilevante nella gran parte dei film di Naruse, come in Traveling Actors (Tabi yakusha) del 1940, nel quale i due protagonisti conducono uno studio sull'andatura dei cavalli, e Okuni and Gohei (Okuni to Gohei) del 1952, che inizia come una tragedia sulla vendetta, ma si tramuta in una sorta di road movie. L'azione a cui fa riferimento il titolo (salire le scale n.d.t.) costituisce un refrain visivo nell'indimenticabile When a Woman Ascends The Stairs.
In Floating Clouds la protagonista si rivolge ironicamente al suo amante durante una delle loro numerose passeggiate (che Naruse raccorda nel tempo presente, così come se si trattasse di un'unica passeggiata infinita): "Non stiamo andando da nessuna parte, non è vero?". Nel corso dei molti anni raccontati nel film, diversi ostacoli, e tra di essi anche diverse "altre donne", impediscono alla protagonista di stare stabilmente al fianco dell'uomo che ama; il seduttore sposato che lei continua a inseguire la trascina in una spirale discendente di disavventure, fino alla malattia e alla morte. La caratteristica fondamentale della loro storia d'amore è la sua instabilità. Nel corso della carriera, Naruse rimase fedele al tema della relazione impossibile. In Okuni and Gohei, le cortine che circondano il capezzale della nobile Okuni e la separano dal suo devoto servo sono il "promemoria" visivo della proibizione che grava sull'amore sbocciato tra loro durante il viaggio compiuto assieme. Il cantante protagonista di Tsuruhachi and Tsurujiro (Tsuruhachi tsurujiro) del 1938, deliberatamente e consapevolmente compromette il rapporto dal quale dipende la sua felicità futura e il suo successo professionale, optando per la solitudine e il fallimento.
Alcuni rapporti sentimentali descritti nei film di Naruse sono resi impossibili dal ruolo punitivo dei dettami morali nelle vite dei suoi personaggi. In Wife (Tsuma) del 1953, basato su un romanzo della Hayashi, una vedova sacrifica la sua chance di essere felice con il suo amante già sposato perché riconosce la superiorità delle rivendicazioni della moglie. Adempiendo al ruolo prestabilito dall'ideale di donna così come concepito dal protagonista maschio, la vedova alla fine si mette nella condizione di non essere più raggiungibile dall'amante. Le eroine di Yearning (Midareru) del 1964 e Scattered Clouds la seguono nel solco di questa scelta, convinte che il fato le abbia condannate a ruoli incompatibili con la realizzazione della vera felicità. (Il costante riproporre figure di donne vedove nel cinema di questo regista sembra funzionale all'esigenza di mettere in risalto che nel mondo di Naruse l'uomo è necessariamente morto, e quindi, incapace di incarnare l'ideale virile.) In When a Woman Ascends The Stairs, la maggior parte dei personaggi idealizza la protagonista, in parte anche per via di una leggenda secondo la quale lei avrebbe bruciato una sua lettera e una sua fotografia assieme alle ceneri del marito, unendosi simbolicamente a lui nella pira funebre. Ancora una volta Naruse tratteggia le difficoltà di una donna ritenuta troppo buona per questo mondo.


             Takamine Hideko, Mori Masayuki e Naruse Mikio sul set di 'Floating Clouds' (Ukigumo), 1955
 
In A Woman's Sorrow (Nyonin aishu) del 1937, uno dei migliori tra quegli eccellenti film che Naruse girò durante quei presunti 16 anni bui della sua carriera, tra Wife, Be Like a Rose e Repast, lo sfruttamento della protagonista da parte della ricca famiglia del marito si verifica come risultato quasi inevitabile dell'aderenza della donna ad un modello morale di condotta antiquato. Nel corso di tutto il film, la protagonista è in costante movimento per soddisfare i desideri degli altri membri della famiglia. Così viene rappresentato l'opposto della situazione di The Whole Family Works (Hataraku ikka) del 1939: in questa famiglia nessuno lavora, salvo l'eroina morale protagonista. Anche The Sound of The Mountain (Yama no oto), del 1954, tratta di una moglie leale che si adatta ad una situazione invivibile, fino a quando l'impossibilità di sopportare oltre diventa fin troppo palese a tutti gli interessati. Setsuko Hara, più conosciuta in occidente per i suoi ruoli nei film di Ozu, interpreta sia questo personaggio che il ruolo della protagonista di Daughters, Wives and a Mother (Musume tsuma haha) del 1960, nei panni della quale si sottopone a grandi sacrifici personali per essere all'altezza di un codice non scritto su "come le persone dovrebbero comportarsi", un codice che viene però palesemente violato da tutti i parenti che si approfittano di lei. Nemmeno l'atteggiamento opposto, però, di chi pone le proprie personali istanze al di sopra delle aspettative della famiglia conduce alla felicità. È questo che scopre suo malgrado la protagonista di Herringbone Clouds, alias Summer Clouds (Iwashigumo) del 1958, in seguito al suo unico tentativo, destinato in partenza al fallimento, di evadere dalla sua condizione di vedova di guerra appartenente ad una famiglia di proprietari terrieri campagnoli, tentativo attuato attraverso una relazione illecita con un giornalista sposato di Tokyo.
Nella serie di film realizzati negli anni '50 che raccontano di giovani coppie sposate – Repast, Husband and Wife (Fufu) del 1953, Wife, il quasi privo di trama Sudden Rain (Shu-u) del 1956, il lacerante Little Peach (Anzukko) del 1958 – l'enfasi è posta sul processo attraverso il quale le ristrettezze economiche corrodono le relazioni fondate da principio solo sull'amore. Incarnandosi come una versione alternativa del "Demone dell'Impossibile" che tormenta i personaggi di Naruse, il denaro divide le famiglie e distrugge le persone, film dopo film. A causa del denaro, la dimensione domestica in se stessa ha sempre una doppia valenza. C'è la dimensione di ciò che dovrebbe essere, lo spazio ben organizzato e conforme alla fede nel primato della famiglia, della quale è il supporto; ma dietro questa dimensione giace l'ombra dell'incombente scoperta che tale fede è fasulla ed è priva del reale sostegno dell'ordine sociale. In Daughters, Wives and a Mother, nessuno riesce a portare a casa un dolce senza che il suo prezzo divenga argomento di conversazione. Niente (specialmente la vedova interpretata da Hara) riesce ad entrare in questa casa senza essere marchiato col cartellino del prezzo. Ancora e ancora nei film di Naruse l'illusione della coesione della famiglia si rende evidente nel momento in cui una crisi indebolisce il legame tra i membri (l'opposto di ciò che alle persone piace pensare riguardo alle crisi, ovvero che stimolino il senso di unità della famiglia).



                Scena tratta da 'A Stranger Within a Woman' (Onna no naka ni iru tannin), 1966

Gli ultimi film di Naruse mostrano un incremento del rigore e una certa impazienza insofferente – non che ci sia qualcosa di avventato nella loro orchestrazione minuziosa, ma la relativa condiscendenza con la quale Naruse ha sempre visto i suoi personaggi si indurisce in uno scetticismo sinistro. La sua implacabile consapevolezza di come la vita incalzi le persone nel loro arrancare attraverso il tempo e lo spazio, plasmata dall'angoscia, è diventata pura e desolata. L'apice della carriera di Naruse in questo senso si può riconoscere nella scena magistralmente dolente di Scattered Clouds in cui il taxi della coppia di protagonisti è fermo ad un passaggio a livello chiuso. In quel punto, attraverso dettagli di una sceneggiatura ridotta all'essenziale, Naruse ci rende consapevoli dell'esistenza di un'infelicità ineludibile, implicita nel cosmo così come negli schemi visivi della sua rappresentazione filmica. Ma già avevamo colto questa sensazione nelle ultime toccanti scene di Mother, che Naruse definì il suo film più "felice". Così lancinanti in quest'opera sono state le improvvise dipartite di alcuni e il lento abbruttimento di coloro che sono rimasti in vita ma soli – fatti che nell'insieme implicano che ogni sguardo alla persona amata può essere l'ultimo – che non appena Naruse ci mostra la madre che guarda la figlia maggiore vestita da sposa (per un concorso di acconciature), capiamo che lei non arriverà a vedere la figlia sposata per davvero. E ancora Naruse, avendoci già sorpresi inserendo la scritta "Fine" nel bel mezzo del film (in una sequenza all'interno di un cinema), ci sorprende ancora facendo terminare Mother prima della morte della madre. Questa si potrebbe considerare la trovata più eversiva dell'opera di Naruse, il quale sembra voler dirci che, dato che tutti i finali sono infelici, un finale che non sia tragico è semplicemente un finale prematuro. " 


di Chris Fujiwara