martedì 25 ottobre 2011

Mr and Mrs Swordplay (Chambara fufu)

a.k.a. チャンバラ夫婦 / Intimate Love

Anno 1930
Durata 21'
Sceneggiatura di Shiro Kido

Interpreti principali: Tomio Aoki, Hisao Furuya, Nobuko Wakaba, Mitsuko Yoshikawa

Si tratta del primo cortometraggio diretto da Naruse Mikio, il quale lavorava già da 10 anni per la grande casa di produzione Shochiku. La sceneggiatura di questa commediola di ambientazione familiare era stata scritta dallo stesso direttore degli Studios di Kamata, dove la Shochiku aveva costruito le strutture per girare i film di ambientazione contemporanea, in giapponese gendai geki. Shiro Kido fu  l'artefice e il principale responsabile dell'immagine stessa della vita 'moderna' veicolata dal cinema giapponese alle masse e quindi il più influente personaggio che diede la prima impronta stilistica e anche organizzativa al cinema giapponese in generale. Si racconta che il casting per il film venne fatto su due piedi il giorno stesso in cui il copione venne affidato a Naruse e il film stesso fu girato nell'arco di sole 36 ore. Il montaggio fu poi affidato a quello che sarà un altro maestro dello shomin geki (storie della gente comune) assieme a Naruse e Ozu, ovvero Heinosuke Gosho, poi regista del primo film giapponese completamente sonoro, 'Madamu to Nyobo' del 1931.Purtroppo questo primo film di Naruse è andato perduto, assieme a molti altri degli anni '30.














lunedì 24 ottobre 2011

Cinema of Naruse Mikio: Women and Japanese Modernity

Nel panorama dell'editoria in lingua occidentale il volume più esaustivo sull'opera di Naruse Mikio a tutt'oggi pare essere "Cinema of Naruse Mikio: Women and Japanese Modernity" di Catherine Russell, docente di cinema alla Concordia University di Montreal, edito nel 2008 dalla Duke Univ Press in lingua inglese. Si tratta di un meticolosissimo saggio di 465 pagine, un'analisi storica e sociologica, reperibile anche dall'Italia attraverso i più comuni strumenti di e-commerce ad un prezzo di circa 21 euro. Nella stesura dell'opera l'autrice si è avvalsa della collaborazione di numerosi traduttori dal giapponese per attingere alle fonti critiche del paese del Sol Levante, tra cui i preziosi numeri della rivista 'Kinema Junpo' risalenti all'epoca in cui i film di Naruse vennero in effetti realizzati. Il percorso costruito dalla Russell permette di leggere l'evoluzione della società giapponese dagli anni '30 agli anni '60, in particolare per quanto concerne il ruolo della donna e le cosiddette "promesse infrante della modernità" che Naruse ha saputo e voluto rappresentare attraverso le sue opere.




Flunky, Work Hard! (Koshiben Gambare)

a.k.a. 腰弁頑張れ / Little Man, do Your Best / Bon courage, larbin!

Anno 1931
Durata 38' (versione rimontata parziale)
Sceneggiatura di Naruse Mikio


---- Regia di Mikio Naruse ----



Interpreti principali: Isamu Yamaguchi, Tomoko Naniwa, Seiichi Kato, Hideo Sugawara, Tokio Seki, Shizue Akiyama

Un giorno di vita vissuta da un padre e un figlio: l'uno agente assicurativo porta a porta, spiantato e a tratti patetico, l'altro, Susumu, un bambino piuttosto irrequieto.


Si tratta dell'ottavo film diretto da Mikio Naruse, il più vecchio tra quelli giunti sino a noi; le opere precedenti da lui firmate infatti sono andate perdute a causa della seconda guerra mondiale. Originariamente si trattava di un lungometraggio, una parte si è deteriorata e irrimediabilmente rovinata; da ciò che è rimasto è stato montato questo comunque prezioso cortometraggio.
Versione compatibile 742

(Tradotto da Cignoman per www.asianworld.it)

domenica 23 ottobre 2011

The Stranger Within a Woman (Onna no naka ni iru tanin)



a.k.a. 女の中にいる他人 / The Thin Line
L' Etranger à l'intérieur d'une femme
Anno 1966
Durata 1h 42'
Sceneggiatura  di Toshiro Ide, da un romanzo di Edouard Atiyah

---- Regia di Mikio Naruse ----






 Interpreti principali: Keiju Kobayashi (Isao Tashiro, impiegato di una casa editrice e padre di famiglia), Michiyo Aratama (Masako Tashiro, la moglie di Isao), Mitsuko Kusabue (Yumiko Kato, commessa in una boutique di Aoyama e amica di Sayuri), Tatsuya Mihashi (Ryukichi Sugimoto, architetto e intimo amico di Isao), Akiko Wakabayashi (Sayuri Sugimoto, la sensuale e carnivora moglie di Ryukichi), Toshio Kurosawa (gestore del bar Namiki)


 Questo film ci fa conoscere un Mikio Naruse diverso, “eccentrico”, che si discosta di molto dalle sue tematiche “tradizionali”: si cimenta con un thriller psicologico, una sceneggiatura che sembrerebbe forse più nei canoni di altro regista di quegli anni, Yoshitaro Nomura. Gli ingredienti sono davvero “forti” (almeno per l’epoca): perversioni sessuali, sadismo, senso di colpa che conduce alla paranoia ossessiva, omicidio. Probabilmente si trattò di un tentativo di assecondare le ultime tendenze di gradimento del pubblico che anche in Giappone durante gli anni ’60 scopre e si appassiona a nuovi stili e tematiche; in quegli anni infatti l’industria cinematografica giapponese è rivoluzionata da una molteplicità di fattori tra cui la concorrenza della televisione (che appare al minuto ’21 a mostrare quella violenza che nel film è omessa, quasi a sottolineare un confronto tra il livello colto e raffinato dell’autore e quello più dozzinale e commerciale che attira il pubblico con le emozioni forti). Il racconto che è servito da base per la sceneggiatura è opera dello scrittore libanese Edouard Atiyah e servirà da soggetto anche per la sceneggiatura di un film francese del 1971, “Juste Avant La Nuit” di Claude Chabrol. La tesi sviluppata è quella secondo cui anche nelle persone “normali” esistano angoli bui, che siano labili i confini tra la tranquilla quotidianità e l’incubo; oltrepassata la sottile linea di confine non c’è modo di tornare indietro, in ogni caso si è condannati o a espiare la colpa distruggendo la propria vita e quella dei propri cari, oppure a celare per sempre un enorme e lacerante peso dentro di sé. Nel pensiero comune si crede che certe cose possano succedere solo agli altri, che certe scelte siano del tutto inspiegabili, come nel caso dell’impiegato che scappa con la cassa per inseguire un folle sogno d’amore e di emancipazione dalla routine: ma in realtà il passo che segna un'intera esistenza è fin troppo breve. Il cast è di altissimo livello, tutti volti noti ai frequentatori del cinema di Naruse e Ozu, un vero piacere riconoscere il Tatsuya Mihashi di “Dolls”, brillante qui nonostante qualche decennio di meno sulle spalle. Da segnalare il ritorno di Naruse alle luci ed ombre di un sontuoso bianco e nero, sfruttato benissimo ai fini drammatici, così come i primi piani ravvicinati e i controcampi. La penultima sequenza, l’apice del film, sembra presa da un film di Hitchcock, merita anche da sola una visione: l’ultimo dialogo tra il tormentato Isao e sua moglie Masako, l’esile e servizievole Masako, i fuochi d’artificio sulla spiaggia di Kamakura, i bambini felici, ignari, quel primo piano di lei che sale le scale e nei suoi occhi lo scintillìo di chi ha scelto di passare a propria volta la sottile linea, per proteggere il proprio nido, la parvenza della rispettabilità, il proprio focolare, anche a costo di portare su di sé un terribile peso per il resto della propria vita.








(Tradotti da Cignoman per AsianWorld)


sabato 22 ottobre 2011

Each Night I Dream (Yogoto no yume)

a.k.a. 夜ごとの夢 / Every-Night Dreams / Nightly Dreams
Sogni di una notte / Oneira tis kathes nyhtas

Anno 1933 
Durata 1h 04' 
Sceneggiatura di Ikeda Tadao

---- Regia di Mikio Naruse ----


Interpreti principali:  Arai Jun, Iida Choko, Kojima Teruko, Kurishima Sumiko, Oyama Kenji, Saito Tatsuo, Sakamoto Takeshi, Sawa Ranko, Yoshikawa Mitsuko




La bella e giovane Omitsu (Sumiko Kurishima) fa l'entraineuse in un bar della zona del porto per riuscire a mantenere se stessa e suo figlio. Ogni giorno deve lasciare il bambino alle cure degli anziani coniugi vicini di casa (Jun Arai e Mitsuko Yoshikawa) e al lavoro si barcamenta tra i clienti che attentano alla sua virtù e chiedendo prestiti alla proprietaria del bar. Un giorno Mizuhara, il marito che l'aveva abbandonata (Tatsuo Saito), si fa vivo: cencioso e male in arnese, una specie di mezzo . Omitsu lo aggredisce con rabbia, da principio, ma poi per amore del figlio decide di dargli un'altra chance e di accoglierlo in casa. Mizuhara cerca allora di trovarsi un lavoro per salvare la dignità della moglie da quel degradante lavoro, ma la suo inettitudine lo porterà a fallire miseramente nei suoi intenti, fino a condurlo ad un epilogo in cui prevarrà la disperazione.



Il personaggio di Omitsu, la madre lavoratrice di questo bellissimo film, costituisce una delle prime significative figure di donna nel cinema del primo Naruse, un primo passo molto deciso verso quel percorso che porterà Naruse a dipingere sullo schermo alcune delle più significative figure femminili nella storia del cinema giapponese. L'attrice Sumiko Kurishima è stata una delle prime grandi star femminili del cinema nipponico, ricordata con il soprannome di "regina di Kamata", e il fatto che fosse nel cast del film sta a segnalarci come la fama e la considerazione di Naruse fosse cresciuta molto tra i ranghi della casa di produzione Shochiku. Nella classifca annuale dei migliori film giapponesi della prestigiosa rivista Kinema Junpo 'Each Night I Dream' si classificò terzo nel 1933, seguito da un altro film di Mikio Naruse, ovvero 'Apart from you': nello stesso anno Naruse lascio la Shochiku per unirsi ai PCL (Photo-Chemical Laboratories) che più tardi sarebbero divenuti la celebre casa di produzione Toho. Omitsu è una donna divisa tra due dimensioni, quella posta ai margini della società rispettabile, collegata alla sua carica erotica, la dimensione del bar, della periferia, del porto di Yokohama (luogo in cui circolano gli stranieri e quindi "contaminato" per definizione) e la dimensione domestica: la donna compromessa e l'amorevole madre, simbolicamente ci appaiono nella sequenza in cui Omitsu si prepara ad andare al lavoro e viene inquadrata lei con la sua figura riflessa nello specchio. Una donna proletaria che DEVE rinunciare alla rispettabilità a cui sente di voler appartenere, al focolare domestico piccolo-borghese (rappresentato anche dall'universo dei premurosi anziani vicini) per amore del figlio. Contrapposto a lei c'è il marito: il delinquente buono a nulla, l'uomo incapace di provvedere alla famiglia, l'uomo inaffidabile, l'avanzo di galera, che, incapace di emanciparsi con le sue forze.


 "Le luci e le ombre delle emozioni di questa gente che lotta per la sopravvivenza giorno per giorno si dispiegano in quegli stessi accadimenti di cui possiamo leggere nei quotidiani", come scrive Kitagawa Fuyuhiko nella recensione del film sulla rivista Kinema Junpo del 1 Luglio 1933. In una parola questo film è tra i più riusciti esempi di shoshimin-eiga (cinema che tratta della gente comune) di ambientazione proletaria. Altri esempi di film del genere li ritroviamo nella filmografia del maestro Ozu Yasujiro, come ad esempio in 'Tokyo no yado' / 'An Inn in Tokyo' del 1935.
Da un punto di vista tecnico stilistico è un'opera che mostra la maestria e l'arditezza del regista: movimenti della telecamera che sottolineano e esaltano le interpretazioni dei protagonisti, inquadrature che si stringono su dettagli delle mani e dei piedi, zoomate rapide, un montaggio dinamico e avanguardistico, frammentato e rapido, a tratti volutamente disorientante nel proporre lo spazio dell'azione, senza mai che questo tolga chiarezza alla narrazione stessa. La scena del ritorno del marito e della riconciliazione con Omitsu è un esempio del virtuosismo con cui Naruse riesce a trasmettere pathos e a valorizzare la recitazione nello spazio di una manciata di secondi formidabili. L'altra sequenza clue è quella collegata all'incidente che coinvolge il figlio dei due protagonisti, un pezzo memorabile di storia del cinema muto giapponese, a mio avviso. Un film realizzato oltre settant'anni fa, eppure ancora fresco e attuale.

SOTTOTITOLI  ITALIANI

(Tradotti da Cignoman per AsianWorld)

giovedì 6 ottobre 2011

"Gli ultimi maestri dello shomingeki"di M. R. Novielli - Tratto da "Storia del cinema giapponese", 2001





"Il mondo poetico di Naruse viene spesso rapportato per intensità di toni alle opere di Mizoguchi e di Ozu. Dei tre, tuttavia, è sicuramente stato l'autore dai toni più pessimistici, quello che ha concesso meno speranze ai propri personaggi.
Non tutte le sue pellicole del primo dopoguerra si possono definire pienamente riuscite, in molti casi si trattava di film realizzati con non molta convinzione per sbarcare il lunario, ma quando gli era possibile dare il meglio di sé, superando i limiti del suo essere schivo e poco incline a dirigere un intero staff sul set, Naruse otteneva dei veri capolavori, tra i più alti risultati del periodo. E in particolare a partire dal 1951 che i suoi film raggiunsero l'apice qualitativo: riproponendo, tra i primi nel dopoguerra, le istanze proprie dello shomingeki degli anni trenta, il regista si riconfermò sensibile artigiano di atmosfere lette tra le righe, offerte dal minimo artificio possibile, tessute tra sguardi, di dialoghi in cui mai una parola risulta sprecata, e soprattutto di un uso particolare della macchina da presa, impercettibilmente agile nel cogliere i vari angoli della scena, in immagini poi montate con rapido ritmo. Resta invariata la preferenza dell'autore per i personaggi femminili che popolano i livelli meno fortunati della società o che sono stati catapultati al di fuori del normale vivere sociale (vedove, per esempio) e lasciati soli a provvedere a se stessi e alla loro famiglia, eroine dal destino irrimediabilmente segnato dalla cattiva sorte che pure lottano strenuamente per usufruire appieno del proprio diritto di esistere. Gli interessa anche l'ambiente preferito dello shomingeki, quello degli impiegati: "Il pasto" (Meshi, 1951) illustra la crisi coniugale tra un impiegato e sua moglie, ma termina con la constatazione da parte dei due protagonisti, soprattutto della donna (interpretata da Hara Setsuko) che tra i due è stata quella che più ha sperato in una possibilità di cambiamento, che la vita tutto sommato non riserva nulla di meglio, e che in fondo quel minimo di stima reciproca che li legava e il fatto stesso di non essere soli possa costituire una fortuna, che felicità può significare quei piccoli momenti sereni prima disprezzati.
Ancora sul mondo che conosce meglio, quello della famiglia che rotea intorno a un'immagine femminile, Naruse realizzò nel 1952 "Madre" (Okasan), storia di una vedova che porta avanti con ostinazione la propria famiglia nonostante le avversità, e, nello stesso anno, il secondo adattamento dopo "Il pasto" da un'opera della scrittrice Hayashi Fumiko, "Il lampo" (Inazuma), opera con cui si conferma l'ideale unione tra i due artisti. Naruse vi esplora il particolare legame tra quattro fratelli, figli di padri differenti, e la loro madre. La più giovane dei quattro incarna la donna-tipo di Naruse, quella che tenta — senza successo — di dare una svolta al proprio destino. Come sempre, tutto ci viene offerto sottovoce, non prospettato in un vero centro drammatico, ma reso dall'effetto di una quotidiana sciarada di sentimenti inespressi, soffocati dall'impossibilità di opporsi appieno a ciò che nasce con i personaggi e che li segue fino all'ultimo dei loro giorni. La descrizione, nello stile che già l'autore aveva utilizzato prima della guerra, arriva a toccare l'animo senza mai voler porre la distanza del pietismo tra gli spettatori e questi personaggi.
Le relazioni tra fratelli di "Fratello e sorella" (Ani imoto), tra coniugi in "Marito e moglie" (Fufu) e "Moglie" (Tsuma), tutti realizzati nel 1953, sono altri capitoli importanti dedicati al microcosmo familiare. Così come l'attenzione al mondo delle geisha, già esplorato in "Dopo la nostra separazione" nel 1933, viene riproposto in una sinfonia di sottotoni nel film "Tardi crisantemi" (Bangiku, 1954), nuova trasposizione da un'opera di Hayashi Fumiko, e in "Fluttuare" (Nagareru, 1956). L'opera di Naruse più nota è tuttavia "Nubi fluttuanti" (Ukigumo, 1955, da un soggetto di Hayashi Fumiko), un toccante ritratto psicologico di una donna forte e del suo rapporto infelice con un uomo debole nell'immediato dopoguerra. La relazione tra i due — l'uomo è già sposato — ha avuto inizio nel corso della guerra e si trascina grazie all'ostinazione della donna che continua a restargli accanto anche quando lui la tradisce e lo segue in un'isola distante nonostante sia malata. La morte di lei posta in chiusura della storia avviene in solitudine e senza che abbia raggiunto il suo scopo, un finale coerente con il pessimistico e sempre infelice epilogo dei film di Naruse. La morte narrata pacatamente illustra il tono dei sentimenti della donna, mai gridati, sempre espressi da impercettibili gesti ed echi lontani intuibili appena dalle sue parole.
Molti titoli della filmografia di Naruse, come "Nubi fluttuanti", scelgono un'immagine della natura come contrappunto allo stato d'animo dei personaggi: della coppia in "Pioggia improvvisa" (Shu-u, 1956), della giovane donna in "Cirrocumuli" (Iwashigumo, 1958), e tanti altri fino all'ultimo "Nubi sparpagliate" (Midaregumo, 1967). Molte sono, infine, le trasposizioni da note opere letterarie, non solo quelle originariamente firmate da Hayashi Fumiko, ma anche da noti autori degli stessi anni, di cui citiamo "Okuni e Gohei" (Okuni to Gohei, 1952) dall'opera di Tanizaki Jun'ichiro, raro esempio di film in costume tra quelli realizzati dal regista, e "Il suono della montagna" (Yama no oto, 1954) dal bel romanzo di Kawabata Yasunari."

Tratto da "Storia del cinema giapponese" di Maria Roberta Novielli, Ed. Marsilio 2001.

sabato 1 ottobre 2011

After Our Separation (Kimi to Wakarete)




a.k.a. 君と別れて / Apart From You

Anno 1933
Durata 1h 48'
Sceneggiatura di Nobuo Yamada


---- Regia di Mikio Naruse ----
 
 
Cast artistico:
Yoshikawa Mitsuko, Kawamura Reikichi, Fujita Youko, Chouko Iida, Mizukubo Sumiko, Arai Jun
.
 
Per gentile concessione della preziosa Picchi/Kira Mei,
grazie ancora da Cignoman 
 
Kikue è una geisha di mezza età con un figlio, Yoshio, il quale si vergogna della professione della madre e vive con grande disagio la sua situazione familiare. A causa di ciò abbandona la scuola e si unisce ad una banda teppisti. La madre ne soffre molto e, come se non bastasse, deve affrontare i problemi legati alla sua professione di geisha non più nel fiore degli anni. Il suo danna (padrone o meglio cliente-marito) sembra essersi stancato di lei e rivolge le sue attenzioni a geisha più giovani. Kikue si confida con Teragiku, una giovane geisha di buon cuore, la quale ha uno speciale ascendente su Yoshio. La giovane cerca di riparare alla rottura tra madre e figlio e chiede a Yoshio di accompagnarla al suo paese natio a visitare la sua famiglia.
Una pellicola piacevole, niente di nuovo, ma con scene molto belle. Il regista fa un largo uso dei parallelismi, come quando contrappone Kikue con il suo danna (nella scena in cui prova a ferirsi), con delle vivaci geisha che intrattengono dei clienti nella stanza accanto. Oppure quando la giovane coppia si trova sulla scogliera e l’infrangersi violento delle onde sugli scogli richiama il violento rapporto tra Teragiku e suo padre. La trama può essere suddivisa in tre parti: la prima con il rapporto madre-figlio; la seconda con il viaggio pieno di speranze e dolcezza tra i due giovani e la terza con il dramma di Teragiku e la separazione da Yoshio e il suo amore. La melodrammaticità del film è forse anche il suo difetto. I suoi clichè e una storia già sentita non gli sono favorevoli. Tuttavia ciò che è più importante è come il regista ci mostra le cose, con una regia giocosa e a volte inaspettata. Naruse fa apparire oggetti in un’inquadratura apparentemente vuota, spesso ai lati dell’immagine. Così, una lattina vuota appare in mezzo a una strada, seguita da un piede che l’ha appena calciata. Oppure ci mostra qualcosa che poi si rivela qualcos'altro: un uomo misterioso in una strada buia scopriamo essere un cuoco in pausa.


versione 'scalisto 802' / '1,22'
 
 
(Traduzione di Cignoman, revisione di Picchi per AsianWorld)

Dicono di lui...



"Il maestro Naruse era più che semplicemente reticente: il suo ostinarsi a non voler parlare era assolutamente deliberato" - Takamine Hideko (attrice)










"È tempo ormai che Naruse riveli tutte le qualità e i diversi aspetti del suo cinema al mondo... il più pressante bisogno che abbiamo è trovare un novero di pellicole che soddisfino quest'era di scoperte" - Hasumi Shigehiko (critico cinematografico)







"Non c'è umanitarismo in questo cinema, perché Naruse non credeva nella perfettibilità dell'Uomo; non c'è nemmeno naturalismo, perché Naruse non attribuiva la sofferenza umana a cause esterne; non c'è nemmeno idealismo. La sua opera ci mostra un severo realismo, duro e privo di compensazioni consolatorie. Naruse ha delineato un ritratto di quell'incurabile ferita che si chiama Vita" - Audie Bock (critica cinematografica)


"Nella struttura spazio-temporale della finzione narrativa, il reale si libra in perpetuo, esistendo ontologicamente a priori e a prescindere della finzione narrativa stessa; ed è destinato a perdurare oltre la fine della narrazione" - Jean Narboni (critico cinematografico) [PER CHIARIRE Narboni descrive il realismo di Naruse come una forma di naturalismo nella quale la realtà non è "catturata" ma rimane come qualità della forma narrativa in se stessa.]




"Il metodo [di montaggio] di Naruse consiste nel costruire una breve ripresa sull'altra, ma quando poi le riguardi tutte in sequenza nel film finito, danno la precisa sensazione di una lunga ripresa singola. Il fluire delle immagini è talmente perfetto che il montaggio diventa invisibile. Questo flusso di brevi riprese appare calmo e ordinario al primo sguardo, ma poi si rivela essere come un fiume profondo che appare calmo in superfice, celando il furore incalzante della corrente sottostante. La maestria con cui lavorava sul montaggio rimane senza termini di paragone" - Kurosawa Akira





"[Nei film di Naruse] ... ciò che accade riguarda solo il presente. E non c'è passato. Esiste solo per quel tanto che è implicato dal presente. Di conseguenza non c'è via di scampo" - Jean Douchet (critico cinematografico)