a.k.a. 女の中にいる他人 / The Thin Line
L' Etranger à l'intérieur d'une femme
L' Etranger à l'intérieur d'une femme
Anno 1966
Durata 1h 42'
Sceneggiatura di Toshiro Ide, da un romanzo di Edouard Atiyah
---- Regia di Mikio Naruse ----
Interpreti principali: Keiju Kobayashi (Isao Tashiro,
impiegato di una casa editrice e padre di famiglia), Michiyo Aratama
(Masako Tashiro, la moglie di Isao), Mitsuko Kusabue (Yumiko Kato,
commessa in una boutique di Aoyama e amica di Sayuri), Tatsuya Mihashi
(Ryukichi Sugimoto, architetto e intimo amico di Isao), Akiko
Wakabayashi (Sayuri Sugimoto, la sensuale e carnivora moglie di
Ryukichi), Toshio Kurosawa (gestore del bar Namiki)
Questo film ci fa conoscere un Mikio
Naruse diverso, “eccentrico”, che si discosta di molto dalle sue
tematiche “tradizionali”: si cimenta con un thriller psicologico, una
sceneggiatura che sembrerebbe forse più nei canoni di altro regista di
quegli anni, Yoshitaro Nomura. Gli ingredienti sono davvero “forti”
(almeno per l’epoca): perversioni sessuali, sadismo, senso di colpa che
conduce alla paranoia ossessiva, omicidio. Probabilmente si trattò di un
tentativo di assecondare le ultime tendenze di gradimento del pubblico
che anche in Giappone durante gli anni ’60 scopre e si appassiona a
nuovi stili e tematiche; in quegli anni infatti l’industria
cinematografica giapponese è rivoluzionata da una molteplicità di
fattori tra cui la concorrenza della televisione (che appare al minuto
’21 a mostrare quella violenza che nel film è omessa, quasi a
sottolineare un confronto tra il livello colto e raffinato dell’autore e
quello più dozzinale e commerciale che attira il pubblico con le
emozioni forti). Il racconto che è servito da base per la sceneggiatura è
opera dello scrittore libanese Edouard Atiyah e servirà da soggetto
anche per la sceneggiatura di un film francese del 1971, “Juste Avant La
Nuit” di Claude Chabrol. La tesi sviluppata è quella secondo cui anche
nelle persone “normali” esistano angoli bui, che siano labili i confini
tra la tranquilla quotidianità e l’incubo; oltrepassata la sottile linea
di confine non c’è modo di tornare indietro, in ogni caso si è
condannati o a espiare la colpa distruggendo la propria vita e quella
dei propri cari, oppure a celare per sempre un enorme e lacerante peso
dentro di sé. Nel pensiero comune si crede che certe cose possano
succedere solo agli altri, che certe scelte siano del tutto
inspiegabili, come nel caso dell’impiegato che scappa con la cassa per
inseguire un folle sogno d’amore e di emancipazione dalla routine: ma in
realtà il passo che segna un'intera esistenza è fin troppo breve. Il
cast è di altissimo livello, tutti volti noti ai frequentatori del
cinema di Naruse e Ozu, un vero piacere riconoscere il Tatsuya Mihashi
di “Dolls”, brillante qui nonostante qualche decennio di meno sulle
spalle. Da segnalare il ritorno di Naruse alle luci ed ombre di un
sontuoso bianco e nero, sfruttato benissimo ai fini drammatici, così
come i primi piani ravvicinati e i controcampi. La penultima sequenza,
l’apice del film, sembra presa da un film di Hitchcock, merita anche da
sola una visione: l’ultimo dialogo tra il tormentato Isao e sua moglie
Masako, l’esile e servizievole Masako, i fuochi d’artificio sulla
spiaggia di Kamakura, i bambini felici, ignari, quel primo piano di lei
che sale le scale e nei suoi occhi lo scintillìo di chi ha scelto di
passare a propria volta la sottile linea, per proteggere il proprio
nido, la parvenza della rispettabilità, il proprio focolare, anche a
costo di portare su di sé un terribile peso per il resto della propria
vita.
(Tradotti da Cignoman per AsianWorld)
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